ART

“Down the Rabbit Hole” di Emma Stern alla Half Gallery: Un tuffo negli avatar dipinti e nelle realtà alterate

Emma Stern è da tempo una figura accattivante nel mondo dell'arte, con il suo approccio unico alla creazione di un universo che sembri personale ed espansivo. Stern ha costantemente creato uno spazio che è decisamente suo, uno spazio in cui gli avatar governano e la realtà è fluida. Che comprendiamo o meno pienamente questo mondo o meno, sembra secondario; L’impegno di Stern nei confronti della sua visione è incrollabile, riassunto dal suo audace proclama, "Niente è reale."

L'ultima mostra di Stern, Giù per la tana del coniglio, ora in mostra alla Half Gallery di New York City, approfondisce questo universo stratificato di avatar dipinti e intelligenza artificiale. Lo spettacolo esplora i temi dell'identità, evasione, e trasformazione, attirando gli spettatori in uno spazio in cui i confini convenzionali sono sfumati, e il sé è qualcosa da reimmaginare o addirittura scartare alla ricerca di qualcosa di più vero. È un mondo in cui gli avatar incarnano le complessità dell’esperienza umana, offrendo una lente alterata attraverso la quale vedere noi stessi.

Il comunicato stampa di Giù per la tana del coniglio sembra più una narrazione, preparare il terreno con una storia che inizia:

“Bonnie The Bunny aveva bisogno di rilassarsi. Aveva tempo da perdere, e lei lo sapeva intuitivamente. Non c'erano orologi all'interno della Tana del Coniglio.

Da lì, il racconto si svolge, fondendo lo stile stravagante ma introspettivo di Stern con riflessioni filosofiche sul tempo e sull'esistenza. Tracciare paralleli con l’esperienza disorientante dei casinò, dove gli orologi sono assenti e il tempo sembra elastico, la narrazione si intreccia con le idee del Dr. Di Bill Bucksworth Sei un perdente! Accettazione, Comprensione, e recupero per i dipendenti dal gioco d'azzardo, in cui si rileva che i casinò “creano una sospensione del tempo, facilitando uno spazio ideale per il piacere e l’abbandono sconsiderato”. La riflessione di Walter Benjamin secondo cui il gioco d’azzardo “trasforma il tempo in un narcotico” arricchisce ulteriormente l’allegoria, suggerendo che nella tana del coniglio di Stern, il tempo stesso diventa malleabile, un lontano, presenza annuente.

Il lavoro di Stern ha sempre giocato ai margini della realtà, invitando gli spettatori in un mondo in cui il familiare cambia costantemente. In Giù per la tana del coniglio, questo tema è amplificato; non si tratta solo di entrare in un altro mondo, ma dell’atto di lasciare andare il tempo, di sé, delle aspettative. La mostra ci chiede di riflettere su cosa significhi perdersi nella ricerca dell'autenticità, abbracciare l'avatar come mezzo per esplorare verità più profonde su chi siamo o potremmo essere.

In definitiva, L’ultima mostra di Stern è la continuazione della sua continua esplorazione delle realtà multidimensionali e della fluidità dell’identità. È un viaggio in uno spazio che sembra allo stesso tempo disorientante e stranamente liberatorio, dove le regole sono malleabili come gli avatar che lo abitano. Mentre esploriamo questa tana del coniglio, questo ci viene ricordato nel mondo di Stern, nulla è fisso, men che meno la realtà stessa

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